Può la fioritura di un bocciolo di ciliegio far trepidare il cuore? Ad Aprile, i candidi petali dei fiori di ciliegio disseminati dal vento primaverile, tengono con il fiato sospeso l’intero Giappone. A partire dal periodo Heian (794-1185), ogni anno nella ricorrenza chiamata hanami, che letteralmente significa “guardare i fiori”, i giapponesi festeggiano la bellezza effimera del sakura, il fiore del ciliegio, uno dei simboli della cultura tradizionale nipponica. Alla fine dell’inverno, quando le temperature iniziano ad addolcirsi, la popolazione segue con fervido interesse l’avanzamento dello sbocciare dei fiori, tanto che telegiornali e quotidiani pubblicano in continuo aggiornamento le fasi della fioritura. Naturalmente, a causa delle condizioni climatiche non in tutto il paese avviene nello stesso momento. Il “Sakura-Front” lo attraversa gradualmente, quasi si trattasse di un esercito in marcia. L’appuntamento è nei giardini delle grandi città. Sotto le effimere nuvole rosa delle chiome degli alberi, i giapponesi iniziano un rituale ben preciso. Si tolgono la giacca e allentano il nodo della cravatta. Lontani dai rigori dell’etichetta e della formalità, si tolgono le scarpe e le dispongono accuratamente fuori dall’area in cui hanno steso le loro stuoie azzurre. Ognuno ricava un piccolo “spazio privato” sotto i ciliegi in fiore. Niente porta, niente pareti, solo un tetto di corolle di fiori. Il delicato spettacolo della natura è vissuto come una festa. Riuniti con la famiglia o con gli amici, i giapponesi cantano, mangiano deliziose prelibatezze e soprattutto bevono tantissimo sakè. I più giovani si prolungano fino a sera tardi dove, grazie alla complicità del bagliore lunare e alle lanterne di carta accese, l’evento diventa propiziatorio al romanticismo nipponico.
A Tokyo uno dei posti più ambiti è il parco Ueno dove fioriscono millecinquecento alberi; lo spettacolo di una profusione di chiome leggere come bambagia è talmente inebriate che, come dicono in giappone, se ne può sopportare la bellezza soltanto se lo si ammira in compagnia. Eppure si incontrano ancora i solitari esteti di una sola gemma, della quale scrutano lo schiudersi e che sospirano quando vedono i petali cadere a terra. E allora “il cuore si riempie di malinconia” perché quando iniziano a spuntare le prime foglioline, i fiori sono già caduti. La natura ha fatto il suo corso. In soli pochi giorni, il fiore appena raggiunge il suo massimo splendore, si stacca e portato via dal vento con esso si disperde. La contemplazione di un ciliegio in fiore sprigiona emozioni che scuotono nel profondo l’animo giapponese. Fa emergere sentimenti contrastanti di gioia ma anche di smarrimento, perché è testimone del fatto che la vita è un dono meraviglioso, ma che dura poco. Dunque la tradizione giapponese, altamente simbolica, trova nella fioritura dei ciliegi la sublimazione dell’esperienza della vita, della sua caducità e della sua sfuggente bellezza. Per questa sua molteplice visione di bellezza, forza e fragilità, il fiore del ciliegio si lega a quell’insieme di ideali cavallereschi dei guerrieri giapponesi. Un antico proverbio dice: “Il ciliegio è il primo tra i fiori, come il guerriero è il primo tra gli uomini”. Il guerriero è consapevole che la sua vita è precaria e che il suo vivere è magnifico quanto effimero, esattamente come un fiore di ciliegio. Così durante la seconda guerra mondiale, l’immagine della caduta dei fiori di ciliegio ricorre spesso nelle ultime lettere scritte dai kamikaze alle famiglie prima della loro missione suicida. “ Se solo potessimo cadere come i fiori di ciliegio in primavera così puri, così luminosi”, recita un famoso haiku di un soldato di soli ventidue anni. Si tratta dell’immagine di una morte ideale e il fiore esprime il desiderio di staccarsi serenamente dalla vita. Ho trascorso un’intera giornata tra i viali ad ammirare la bellezza dei fiori di ciliegio specchiarsi sul fiume. Mi sono fermata per vivere dei momenti di poesia, senza sapere che quel piccolo fiore racchiudesse in sé la metafora della vita. Ogni volta che guardo un fiore, qualsiasi esso sia, ne colgo l’attimo del suo massimo fulgore, perché so che tra breve svanirà. E sarà una tristezza per il cuore.
Alessandra Mannarella