giovedì 16 settembre 2010

Storie di cinema: Professione: Reporter

1966. A seguito del grande successo internazionale delle sue opere italiane, il regista emiliano Michelangelo Antonioni viene messo sotto contratto dalla Americana MGM, per la realizzazione di tre film in lingua inglese. Nascono così “Blow up” (1966), grande successo di critica e pubblico; “Zabriskie Point” (1969), rivelatosi, invece, un flop; ed, infine, “Professione: reporter” (1974). Il film nasce da un’idea originale di Mark Peploe e viene sviluppato in sceneggiatura dallo stesso Peploe, da Peter Wollen e da Michelangelo Antonioni. La storia segue le vicende di un affermato reporter televisivo, David Loke, che decide di cambiare la propria identità con quella di un cadavere, trovato in una stanza d’albergo. Ad interpretare il protagonista viene chiamato Jack Nicholson, astro nascente della nuova industria indipendente hollywoodiana; mentre, per la controparte femminile, il regista ingaggia l’attrice francese Maria Schneider, già famosa grazie al ruolo di co-protagonista, nello scandaloso “Ultimo tango a Parigi” (1972), di Bernardo Bertolucci, accanto a Marlon Brando, che, però, accetterà il ruolo, inizialmente rifiutato, solo a film già iniziato. Le riprese della pellicola, cominciate nel 1973, si svolgono in quattro paesi diversi, fra l’Europa e l’Africa, non solo per esigenze di copione, ma anche a causa dei numerosi impegni di Nicholson, facendo così lievitare i costi di produzione. Ad intralciare una lavorazione non proprio serena contribuiscono anche le elevate temperature nord africane, capaci di raggiungere i 57 gradi, che costringono la troup ad immergere le lenzuola nella vasca da bagno, prima di coricarsi! Né i problemi accennano a diminuire, una volta ultimate le riprese. Concordata con la MGM una durata complessiva della pellicola non superiore alle due ore, il regista si vede costretto a ridurre il montaggio originale del film, di centotrenta minuti, a scapito di una maggiore comprensione della storia e dei suoi personaggi. Il suo desiderio di completare, un giorno, una  versione “integrale” dell’opera si rivelerà troppo costoso e non verrà mai realizzato.Tale sforzo produttivo, tuttavia, viene riappagato da un totale successo di critica, sia al Festival di Cannes (1975), dove il film viene presentato fuori concorso, sia ai Nastri D’Argento, dove la pellicola viene premiata per la regia e per la fotografia (di Luciano Tovoli), nel 1976. Nonostante questa calorosa accoglienza, la crisi del cinema italiano costringerà Antonioni ad un ritiro forzato dal set per ben quattro anni, periodo in cui la creatività del Maestro si concentrerà su nuove forme d’arte, come la pittura e la stesura di racconti. Ma tutto questo riguarda un’altra vicenda... 
Raffaele Pezzulli

2 commenti:

  1. Curioso l'aneddoto delle lenzuola nella vasca da bagno......!
    Mi piacerebbe leggere ancora in questo spazio dedicato al cinema, tutto ciò che accade dietro le quinte di un film.

    RispondiElimina
  2. Gran bel film di Antonioni, con una notevole vena artistica pur essendo di un estremo realismo. Straodinaria, epica la sequenza finale.

    RispondiElimina